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La vinificazione in anfora: tra miti, leggende e mode

Le prime tracce di utilizzo dell’anfora sono state rinvenute intorno al 5000 a.C. , quando Greci e Romani la utilizzavano come recipiente di “conservazione” del vino.

Nel tempo, l’anfora ha trovato largo impiego non solo per la produzione di vino, ma anche per birre e distillati.

Spesso ci si chiede cosa spinge un produttore ad utilizzare l’anfora piuttosto che altri contenitori più moderni e decisamente di più semplice reperibilità: sicuramente non è solo una questione di moda. O almeno ce lo auguriamo.

C’è da dire che l’Anfora, essendo fatta di terracotta, risulta essere completamente inerte, per cui durante il processo fermentativo e di affinamento non cede alcun marcatore aromatico, a differenza della botte.

È facile quindi capire che per avere un buon risultato, bisogna partire da una materia prima di altissima qualità e con grandi potenzialità organolettiche, visto che l’anfora permette al vitigno di esprimersi in tutta la sua naturalezza.

Inoltre, con la terracotta si ha una maggiore ossigenazione grazie alle proprietà di permeabilità, ed è un ottimo isolante termico, per cui si ha un miglior controllo della temperatura, specialmente quando le anfore vengono interrate.

Di contro, l’Anfora necessita di una maggiore manutenzione e intervento dell’uomo, soprattutto nella fase di follatura, che in questo caso avviene manualmente e non meccanicamente come per le cisterne d’acciaio.

In generale, i produttori che decidono di utilizzare questi recipienti, sono quelli che lavorano a conduzione biologica o biodinamica.

Tutt’ora, in Georgia, i produttori si servono di questi recipienti chiamati Qvevri, divenuti ufficialmente patrimonio dell’Unesco nel 2013.

La trasposizione, o per meglio dire il “ritorno” di questo metodo di lavorazione in Italia, si deve a  Joško Gravner, noto produttore sloveno decisamente fuori dagli schemi, che con un passo indietro nel tempo, è stato in grado di dare una visione assolutamente futuristica ai suoi vini.

Nella nostra selezione, non poteva mancare un “anforista”: Roberto Zeno con la sua sapiente esperienza, in quel di Roccamonfina (CE), produce “IL Chaos”, a base di uve Primitivo, e “La Monade” prodotto da uve Fiano, entrambi vinificati in anfora per 9 mesi.

La scelta è sicuramente dettata da tanti fattori, ma nel mondo del vino naturale, l’avanzamento di questo metodo di vinificazione sta creando importanti motivi di confronto che ci terranno impegnati ancora per molto tempo.

Nel frattempo, ci deliziamo a degustare questi gioiellini in cui si fondono passato, presente e futuro.

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